“C’è una comunità di “nomadi digitali” che sta crescendo, essi vivono uno stile di vita non condizionato dal luogo di residenza. Sono gli sviluppatori di software, i progettisti, gli scrittori, i giornalisti, gli ingegneri e tutti i tipi di persone che condividono la passione per il lavoro che fanno e vivono il mondo. Hanno la convinzione che uno stile di vita nomade è un modo ottimale per costruire una vera e propria azienda.”
E ancora: “Quale posto migliore per costruire la mia startup di Silicon Valley? Ma presto mi ritrovai ad essere condizionato dall’eccesso di comodità e ho rallentato, ero troppo annoiato e distratto, guardavo un sacco di TV. Ero seduto al mio computer per 12 ore al giorno, ma non mi sentivo produttivo. Durante un viaggio a New York, i miei amici sono andati a lavorare, così sono andato fuori e ho lavorato nei caffè e in Central Park. Improvvisamente ero estremamente produttivo, ottenendo molto più risultati in sei ore che nelle mie normali 12 ore al giorno.”
Queste sono alcune considerazioni che ho trovato espresse in un articolo scritto da Jay Meistrich “How I Built a Startup while traveling to 20 countries“.
Capirete, leggendo l’articolo, che Jay ha realizzato, attraverso la sua attività, ciò che molti di noi teorizzano da tempo: la diffusione del cloud computer, la connettività al web pervasiva, l’uso prevalente dei device mobili consente, per molte attività (creative e non solo), la possibilità di lavorare in modo “decontestualizzato”.
D’altronde l’esplosione dei coworking dimostra come, anche in Italia, queste forme lavorative non si limitino ad essere una moda. Esse sono sempre di più una realtà consolidata.
Nei miei libri sulle smart cities ho affermato sempre, più volte, che é finita l’idea e la pratica del lavoro legata ad un luogo fisico e a un orario prestabilito. Anzi, ho affermato che la smart city é la città dei lavori decontestualizzati.
Certo l’esperienza di Jay é “leggermente estrema”, pochi di noi potrebbero permettersi di salutare tutti e girare il mondo in questo modo. Molti di noi, nella città post fordista, lavorano, producono, operano così, in mobilità, tra un treno e un coworking.
Evitiamo, visto l’aspetto simbolico e importante delle attività decontestualizzate, di dire che il coworking é il luogo delle Partite IVA. Quello é solo un aspetto.
Oggi i nomadi (non a caso sono il #nomadworker) rappresentano un modo diverso e sostenibile di affrontare il lavoro e la produzione.
Riflettiamoci e pensiamo a come estendere queste forme lavorative -che non sono il telelavoro- a quote significative delle attività sia pubbliche, che private.
CHI, SOPRATTUTTO, GLI AMICI ROMAGNOLI, VOLESSE SENTIRMI PARLARE DI QUESTI TEMI, LO ASPETTO SABATO A FORLÌ