Io sono un lettore compulsivo.
Leggo molto, quasi tutto cartaceo. Il libro di carta rappresenta per me un feticcio al quale non intendo rinunciare.
Non rientro quindi nella categoria di coloro che contribuiscono alla crisi della libreria tradizionale o perché non leggono, o perché hanno scelto gli ebook.
Aggiungo che, raramente, acquisto i libri cartacei attraverso le piattaforme di ecommerce.
Appartengo quindi a quella specie numerosa di persone le quali amano andare in libreria, girare tra gli scaffali, curiosare, scambiare quattro chiacchiere e, ovviamente acquistare.
Ma non compro, se non sporadicamente, i miei libri a Venezia.
Non è evidentemente il mio un pregiudizio geografico.
Ad esempio a Mestre, alla Feltrinelli, libri ne compro e non pochi.
Amo quindi i luoghi affollati di persone che possono trovare spazi per leggere, collegarsi ad una rete wifi, chiacchierare.
Amo i luoghi dove, assieme ai libri, posso acquistare un CD musicale (o film). Amo i luoghi dove alla lettura si mescola la possibilità di acquistare il cibo (magari kilometro zero), o un pezzo di mobilio.
Amo quei luoghi che sono a “prevalente” vendita di libri.
Amo i luoghi dove il gestore vende anche un kindle. E d’altronde, sempre di più, si venderanno contenuti multimediali. Sicuramente gli “occhiali Google” interagiranno con le piattaforme di “realtà aumentata” concepite per dialogare con i contenuti che stanno su Internet.
E allora, sicuramente, il valore/affitto del fondo immobiliare grava e graverà sempre di più sulle attività commerciali che stanno nei centri storici, ma la “qualità”, la “pervasività”, l'”offerta differenziata” di servizi farà la differenza. E la capacità dei librai di mettersi assieme garantirà la massa critica.
Poi, per carità, lo spazio per le “nicchie” ci sarà sempre, ma io lettore cerco “luoghi” di interazione umana, cartacea e multimediale, non le “nicchie”.