Pubblico le slide di una lezione che ho tenuto qualche giorno fa a Bologna sull’ “Open data”.
Di “Open data” si parla molto. E’ anche uno degli obiettivi dell’ “Agenda digitale”.
Eppure la visione prevalente di “Open data” tende a delimitare la richiesta di “open” esclusivamente all’ambito pubblico.
Ciò è comprensibile vista la forte richiesta di maggior trasparenza che viene avanzata alle governance pubbliche. D’altronde il termine “pubblico” viene identificato con quello di “trasparente”, “aperto”, “libero”, “a disposizione di tutti”, “gratis”.
Intendiamoci bene, se in Italia si affermasse una pratica “open” nella gestione del “data”, faremmo un grandissimo passo in avanti sotto tanti punti di vista.
Tuttavia non mi accontento.
In questa lezione ho provato (provo) a complicarvi la vita. Non a caso ho titolato la lezione “Open, social, cloud, i legami indissolubili”. Anticipo che ai ventenni che mi ascoltavano è piaciuta molto la mio visione dell’ “open”.
I “data” che rendono intelligente (più democratica?) una città provengono da più fonti.
Sono i “data” generati dalle nostre numerosissime attività sui social network, sono i “data” frutto delle interazioni tra uomini e IoT, sono il frutto dei dialoghi web tra soggetti pubblici e privati. A proposito, i “data” che Enel ricava dalle nostre case sono pubblici o privati?
Come capite il richiedere formati e utilizzi “open” “solo” per il pubblico è limitato e fuorviante.
Ovviamente ci si nasconde spesso dietro una vetusta limitazione all’uso dei “data” che proviene dalla normativa a “tutela” della privacy.
Come sapete io sostengo da tempo che la privacy sia un valore del ‘900 e che il “garante” della privacy dovrebbe essere un trentenne.
Guardate le mie slide. Ovviamente sono a vostra disposizione.
Buona domenica a tutti.