Il convegno del 16 luglio sul futuro delle smart cities organizzato a Roma dall’Ambasciata USA è chiaramente (e legittimamente) destinato al mondo delle imprese -ai vendors- e all’Università.
E’ il convegno dei “produttori”.
Peccato.
Peccato, perché in epoca di WEB 2.0 non esistono più i “supini” consumatori.
Perché si continuano a considerare le governance delle Città come “supini” consumatori?
Nell’immediato, sicuramente, si venderanno pali con wifi alle “vittime supine”, convinte così di essere “intelligenti”. Strategicamente non si va a parare da nessuna parte.
Il successo dei “vendors” attenti alla strategia sarà sempre di più legato alla crescita dell’ ”intelligenza” dei potenziali consumatori.
Cosa si deve consumare nella smart city? Bella domanda!!!
Pali della luce con il wifi? o, piuttosto, cabine telefoniche mediamente stupide?
Sono convinto che la “città intelligente” non sia un obiettivo da raggiungere, bensì un processo continuo da governare e implementare. L’essenza della “città smart” è la conoscenza.
Ma, la conoscenza è un “prodotto” (termine forzato) che si consuma e si produce continuamente. Le macchine sono “solo” strumenti, non sono il fine.
Queste sono le leggi del WEB nel secondo decennio degli anni 2000.
Un augurio e un appello.
Il mio augurio è che il Ministro Profumo nell’attribuzione dei bandi “cluster” e “smart cities” (almeno a nord) non privilegi la produzione di macchine rispetto alla generazione di intelligenza.
Non credo che il futuro dell’Italia mediamente “intelligente”, possa passare per la produzione di cabine telefoniche mediamente “stupide”.