Ho voluto riflettere qualche giorno prima di commentare la sentenza con la quale il tribunale di Milano ha condannato Google.
Il caso del ragazzo disabile perseguitato da un gruppo di bulli, messo in rete nella sua sofferenza usando YouTube colpisce la sensibilità di ognuno di noi, ci fa inorridire, ci fa dire: “ma in che mondo viviamo”. Appunto, “in che mondo viviamo”, non “in che WEB viviamo”.
Il WEB (il WEB 2.0) è uno strumento nuovo, potente a disposizione dell’umanità, del mondo intero. Non è un mondo a sé stante.
Soprattutto, il WEB non è paragonabile ai media tradizionali. Nel WEB i contenuti, nel bene come nel male, sono prodotti dagli utenti. “User generated content”.
E’ come se in televisione venissero proiettati solo i filmati prodotti dagli utenti, o i giornali pubblicassero solo ciò che scrivono i lettori.
Immaginate un giorno della rivolta degli studenti in Iran (in Cina è la stessa cosa). Le vessazioni, le violenze, la denuncia della repressione stanno per essere messe in rete, giornalisti stranieri sono stati espulsi, la censura impedisce la libera stampa. Improvvisamente tutti quelli che stanno protestando devono firmare “una liberatoria” al service provider per poter mettere in rete i loro messaggi di denuncia e speranza, la loro denuncia al mondo libero.
Il WEB non è normabile (né censurabile) secondo i criteri del mondo dell’editoria e dei media tradizionali.
Queste logiche considerazioni (accompagnate da maliziose riflessioni sullo stato monopolistico dell’informazione in Italia) potrebbero già chiudere questo post.
“Possiamo spiegare al giudice italianoOscar Magi cos’é YouTube” dice Mike Butcher.
http://eu.techcrunch.com/2010/02/24/can-someone-tell-this-italian-judge-what-youtube-is/
Dobbiamo invece, noi abitanti della rete, porci il problema, l’imperativo di dare a questo “mondo nuovo” che viviamo, che confina (anzi che si compenetra) con “il mondo vecchio” delle regole condivise.
La politica, soprattutto quella più “illuminata”, non può sottrarsi dall’affrontare questi problemi.
Non è più solo il tema della diffusione delle reti, condizione per la modernizzazione del mondo contemporaneo, oggi si pone con urgenza il grande tema del ruolo delle Istituzioni (la rete ha fatto tramontare i confini degli stati nazionali), il ruolo dei service provider e dei grandi testimonial della rete, l’identificazione dei garanti del rispetto delle regole.
Infine, spetta anche a noi, abitanti della rete autoregolamentarci, rafforzare la nostra capacità di isolare, di espellere (di educare) i pericolosi imbecilli.
Mi ha colpito come ad un dibattito che si svolge oggi al Laurentianum di Mestre, dedicato ai giovani e ai pericoli del WEB (sic!!!), sia stato invitato esclusivamente un dirigente della Polizia postale.
Forse ne sappiamo molto di più noi che vogliamo assumere il ruolo di educatori.
Vedi anche:
http://www.repubblica.it/tecnologia/2010/02/25/news/google_difesa_in_rete-2425538/
1 risposta su “La protesta degli studenti in Iran richiede la firma di “una liberatoria””
imparato molto