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Produzione e produttori nella smart city

Fortunatamente la riflessione sulle smart cities sta uscendo dalla logica “solo macchine” o solo sostenibilità ambientale che la ha limitata lungamente.

La città sta riassumendo, prima di tutto, la sua fisionomia di luogo abitato e vissuto dalle persone e dalle attività umane. Naturalmente la produzione è una delle principali attività umane.

Ho avuto modo in questi giorni di partecipare a due importanti momenti di riflessione sul tema “Nuove Identità Artigiane” e “Impresa nella Smart City”, uno organizzato dalla Confartigianato Nazionale e uno dal Forum PA in collaborazione con la Camera di Commercio di Roma.

In questa prima fase mi limiterò ad indicare alcuni temi da sviluppare. Mi propongo successivamente di affrontare ulteriormente, sviluppandoli, i diversi temi.

Un primo elemento di riflessione va rivolto alle forme attraverso le quali i produttori potrebbero ripopolare le città.

La fine della rivoluzione industriale del secolo scorso ha fatto si che le imprese si allontanassero sempre di più dal tessuto urbano.

Su questa scelta hanno influito evidenti problemi di “incompatibilità” ambientale, il traffico, la connotazione stessa della forza lavoro. I luoghi delle fabbriche sono diventate luoghi da recuperare.

Un tessuto di piccole imprese e di imprese artigiane legato a questi circuiti produttivi è morto o hanno, anche esso, abbandonato il tessuto urbano.

Anche le grandi aziende di servizi (a partire da quelle IT) si sono dislocate lungo i “bordi” della città.

Eppure…eppure nella città si è venuto a consolidare un fitto tessuto di attività legate allo sviluppo della conoscenza. Eppure nelle città, nonostante la crisi, resiste un tessuto di imprese al servizio delle funzioni residenziali.

L’irrompere della rivoluzione IT crea l’opportunità di rinsediare un importante tessuto produttivo, a partire dal moltiplicarsi delle attività che trattano la conoscenza.

Ovviamente smettiamola di disquisire se sono imprese artigianali, o industriali, o dei servizi. Questa è una distinzione burocratica.

La burocrazia, deve adattarsi alla realtà. Sono tutte imprese.

Sono imprese quelle che stanno negli incubatori, sono imprese (sono imprenditori) quelle che stanno nei coworking, sono imprese quelle che si occupano di marketing on line ecc..

Dove sta la differenza ormai tra fornitori di servizi e produttori di merci?

Nelle visione classica la grande discriminante si definiva attorno al possesso di una macchina (di un utensile) e nella capacità di realizzare un lavoro. L’idraulico (ad esempio) è colui che possiede una particolare abilità.

In epoca di web la conoscenza può essere virtualizzata, condivisa, implementata, contaminata, diffusa.

In epoca di web la virtualizzazione sta portando alla diffusione della stampa 3D.

In un famoso libro “Makers-Il ritorno dei produttori”, Chris Anderson  teorizza una nuova rivoluzione industriale che nasce e si afferma a partire dalla possibilità di autoprodurre usando i nuovo ciclo di stampa 3D.

In epoca web l’incapacità di “condividere” porta alla morte dell’impresa, soprattutto se di piccole dimensioni.

In epoca web, come ho avuto modo di argomentare a lungo nel mio libro “Smart Cities-Gestire la complessità urbana nell’era di Internet”, il lavoro e la produzione cambiano radicalmente. Il luogo e il tempo immobili e cristallizzati sono i figli del fordismo.

L’assieme di connettività in movimento e cloud computing, ha creato le condizioni per una radicale rivoluzione dei modi di produrre e di vivere la città.

Come si vede da queste prime brevi riflessioni l’impresa non è uscita dall’orizzonte territoriale di una città, anzi l’ambiente urbano smart è ideale per una gemmazione, per una rinnovata clusterizzazione dell’impresa.

Chi scrive, in tutti i casi, è convinto che ormai le nuove politiche industriali di un Paese debbano, in primis partire ed investire le aree urbane.

 

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