Nelle prossime settimane andranno al voto numerosi comuni italiani.
Ritengo che le Amministrazioni che nei loro programmi già parlano di smart city, dovrebbero, parallelamente, includere nei loro intendimenti piani di “alfabetizzazione digitale”. So bene che l’ “alfabetizzazione digitale” dovrebbe essere materia di insegnamento scolastico. Così non è, quindi proviamo a partire dai territori.
Vorrei provare a chiarire cosa intendo per “alfabetizzazione digitale”.
Comunemente si è affermata l’idea che siano in stato di digital divide gli anziani, o alcune fasce disagiate della nostra popolazione.
Parallelamente si è affermata l’idea che l’analfabetismo digitale sia la conseguenza della scarsa infrastrutturazione a banda larga.
L’immagine qui sotto è la rappresentazione di ciò che Google indicizza ai primi posti come “alfabetizzazione digitale”. Inutile commentare.
Entrambe queste affermazioni hanno un fondo di verità, ma sono molto parziali.
Io considero l’alfabetizzazione digitale come una precondizione allo sviluppo di qualsiasi politica “smart”.
Tutti i soggetti di una Città -Sindaco e Presidente di Confindustria compresi- sono spesso in uno stato di divide digitale. Nel momento in cui considerano Internet come “una delle tante cose da fare”, ebbene questi soggetti sono in stato di digital divide.
Definirei l’ “alfabetizzazione digitale”, come una scuola di #consapevolezza.
Non si tratta semplicemente di saper accendere un computer. L’obiettivo da raggiungere sarà quello della consapevolezza delle straordinarie possibilità che Internet mette a disposizione di ognuno di noi.
Internet ci consente di accedere a fonti infinite di conoscenza e di generare nuovi servizi pubblici e privati.
Se una Amministrazione attivasse un modulo di formazione dovrebbe denominarlo a “scuola di web-civismo”. Ed é quanto mi sto proponendo di fare per alcune Amministrazioni italiane che sto aiutando ad uscire dalla logica secondo la quale il livello di “smartness” è misurabile quantitativamente sulla base della diffusione degli applicativi I.T..
I social network (i civic media per seguire un termine caro a Luca de Biase e alla Fondazione Ahref) ci consentono -potenzialmente- di partecipare attivamente alla vita cittadina.
Come partecipare, con quale linguaggio, per raggiungere quali obiettivi, sarà l’oggetto di un piano di apprendimento per il numero più ampio possibile di TUTTI i cittadini. Più i cittadini apprendono ed usano consapevolmente questi strumenti, più la vita democratica di una città sarà ricca.
Naturalmente questa attività avrà successo se l’Amministrazione, alfabetizzerà e aprirà sé stessa alle prassi partecipative.
Non esiste l’affermazione dei civic media, se contemporaneamente l’Amministrazione sarà ottusamente chiusa in sé. Monumento all’autoreferenzialità.
Non si tratta di attivare semplici prassi di consultazione, si tratta di creare le condizioni per la partecipazione.
Ecco allora delinearsi un percorso parallelo “alfabetizzazione digitale” della popolazione e contemporaneamente l’affermarsi nell’Amministrazione (politica e dipendenti) di una cultura della disponibilità, della reciprocità e dell’ascolto.
Questi principi, all’atto pratico possono avere diversi veicoli.
L’affermare nei luoghi di aggregazione civica di prassi digitali e assieme la formazione dei pubblici dipendenti e la riconfigurazione dell’IT é la strada andrà perseguita immediatamente.
Ma questi processi devono avvenire in “luoghi comuni”, nei nuovi luoghi delle prassi partecipative.
Ci sono le condizioni per finisca l’epoca della separatezza e dell’autoreferenzialità.
La slide riportata più sopra visualizza meglio alcuni concetti.
1 risposta su “E se il Sindaco e il Presidente di Confindustria fossero gli analfabeti digitali??”
[…] I social network (i civic media per seguire un termine caro a Luca de Biase e alla Fondazione Ahref) ci consentono -potenzialmente- di partecipare attivamente alla vita cittadina. Come partecipare, con quale linguaggio, per … […]