Esiste un fossato tra l’innovazione e l’antropologia dell’innovazione.
Oggi in Italia si fa molta antropologia dell’innovazione.
Per carità, meglio l’antropologia dell’innovazione che il nulla pneumatico.
Ieri il mio amico Gigi Cogo affermava che “basta parlare di agenda digitale, parliamo di politiche industriali”.
Parole sante, lo affermo da molto tempo.
Il motivo per il quale frustrazione dopo frustrazione, esperto dopo esperto, digital champion dopo digital champion, non si fa un pò di agenda digitale è che si parla solo di Pubblica Amministrazione da innovare.
In realtà è l’intero Paese, a partire dalle imprese private che andrebbe sottoposto ad una massiccia dose di innovazione IT.
Queste sono le politiche industriali per gli anni 2020. Il digitale non è un settore, il digitale è il cuore delle politiche industriali degli anni 2020.
Il nostro Paese oscilla invece tra i caravanserragli degli startupper (che bravi potrebbero dare di più se fossimo…dove??? nella Silicon Valley) e la digitalizzazione dell’esistente. Questa non è innovazione è antropologia dell’innovazione. Così non si cambia nulla.
O l’Information technology si affermerà come politica industriale o per l’Italia -non solo per la Pubblica Amministrazione Italiana- non ci sarà speranza.
2 risposte su “Innovazione e “antropologia dell’innovazione””
In una comunità Montana della prov di Bs ai tecnici è richiesto l’invio completamente online delle pratiche edilizie. A parte la totale assenza di condivisione dell’iniziativa da parte dell’ente locale proponente ai destinatari (geometri, prevalentemente) che si sono dovuti adeguare, all’improvviso e non senza problemi, a questa virtuosa smaterializzazione delle pratiche… ma pare che una volta giunta agli enti competenti la pratica debba essere … stampata (a cura della PA competente). Perchè è complicato analizzare una planimetria, una sezione, un dettaglio …. in digitale. Qualcuno mi deve spiegare dove stanno il risparmio e l’innovazione invocati nel caso in questione…antropologia o archeologia?!
Cara Alessandra la risposta si chiama open data. Ma nella loro testa non c’é.
A questo mi riferisco.
Comunque, non demordiamo
Michele