Circolano strane idee attorno al concetto stesso di alfabetizzazione digitale.
Per carità, di alfabetizzazione digitale in Italia se ne fa molta. A mio modo di vedere non tutte le metodologie usate sono corrette.
10 anni fa vivevamo in un’epoca contraddistinta dall’uso massiccio del personal computer. Ogni programma era residente sul disco fisso.
L’alfabetizzazione digitale di base era contraddistinta dall’insegnamento all’uso della videoscrittura, dei fogli di calcolo, delle mail.
Oggi, chi avesse solo quelle conoscenze sarebbe un analfabeta digitale.
Dal febbraio del 2007, quando Steve Jobs, presentò il primo IPhone il mondo divenne definitivamente “web centrico” e “mobile centrico”.
La fine del personal computer e l’avvento della connettività in movimento ha cambiato anche i termini dell’alfabetizzazione digitale.
L’avvento dei device mobili ha consentito anche l’esplosione del social networking.
Senza i device mobili Facebook, Twitter, Instagram non avrebbero avuto la diffusione che hanno oggi.
L’alfabetizzazione digitale oggi é contraddistinta dalla acquisizione di consapevolezza delle infinite ricchezze ed opportunità che il web offre al genere umano.
L’analfabetismo digitale non é un fatto generazionale. È una grande lezione di consapevolezza che attraversa trasversalmente tutte le fasce di età e le appartenenze sociali.
Spessissimo gli analfabeti digitali si trovano tra le classi dirigenti. Spesso gli anziani sono più alfabetizzati dei giovani.
È un motivo per il quale il nostro Paese fa così tanta fatica ad incontrare Internet.
L’alfabetizzazione digitale di una persona é messa costantemente in discussione. Il mio essere evangelist é messo costantemente in discussione.
Sul mondo dell’Information technology vige la legge di Moore.
L’innovazione é veloce e disruptive. Ciò che é utile oggi, potrebbe non essere valido domani.
Il buon evangelist deve insegnare ad essere aperti, flessibili e curiosi.
Considerazione finale: se non ci aggiorniamo, siamo tutti, senza eccezione alcuna, analfabeti digitali.