In questi giorni, in qualità di speaker, ho partecipato ad alcuni convegni sulle smart cities (in particolare segnalo “Technology for All” e “Smart Cities, gaming, social innovation”).
Finalmente, a differenza di un non lontano passato, l’idea della città smart, fondata sulla diffusione delle tecnologie I.C.T., sembra declinare.
Parimenti la visione “quantitativa” dell’uso delle tecnologie viene messa in discussione e, seppure timidamente, la centralità dell’agire umano negli ambienti urbani comincia ad emergere al di fuori di ogni formalismo.
LA MIA TESI: UNA CONSAPEVOLE CENTRALITÀ NELL’AGIRE URBANO.
In questi anni l’idea di “smart city” si è creata e consolidata attorno alle relazioni tra i produttori di I.C.T., i gestori di smart grid e le Amministrazioni pubbliche cittadine.
I ruoli si sono così ripartiti:
- le Amministrazioni cittadine sono il depositario dello “scenario urbano” e evidenziano, per governarle, tutte le criticità proprie dell’epoca moderna;
- le imprese propongono le soluzioni (alcune anche di grande pregio). Le soluzioni offerte sono, in larga parte, incentrate su una visione quantitativa e dirigistica dell’uso dell’information technology. L’esempio tipico è quello rappresentato dal “cruscotto del sindaco”, il quale cruscotto funziona se popolato e arricchito di “dati istituzionali” o di dati generati da “reti di controllo”. La città si riduce ad essere una quinta teatrale nei processi di innovazione.
- i bandi, sia quelli europei, sia quelli del MIUR hanno generato (si fa per dire) le risorse per finanziare questa visione della smart city.
Questa visione assolutamente centralistica e dirigista della smart city si é arenata. L’attività stessa di smart city in Italia si è fermata.
Nel frattempo le Amministrazioni comunali si sono trovate strette tra la carenza di risorse economiche e la richiesta pressante, seppure non ancora declinata con chiarezza in tutte le sue implicazioni, dell’opinione pubblica e del Governo di “digitalizzarsi”.
In questi mesi ho cominciato, all’opposto, a maturare una diversa idea della città, della sua smartness, del rapporto tra il genere umano e il “digitale”.
Queste riflessioni saranno sviluppate nel mio prossimo libro.
Vorrei, anticipare alcune riflessioni.
Ogni giorno, in ogni luogo del mondo, in ogni ambiente urbano, milioni di persone generano attività e azioni “smart”.
Per attività “smart” intendo le azioni, non necessariamente veicolate dal digitale, ma che determinano ricadute positive, DI INTERESSE GENERALE, in un ambiente urbano.
Esse possono riguardare la sostenibilità ambientale nelle sue diverse declinazioni, l’inclusione sociale, la competitività di un’area urbana, e così via.
I campi della “smartness” possono essere i più variegati e spesso vengono ad intersecarsi tra di loro uscendo dalle tradizionali logiche verticali proprie del governo urbano del secolo scorso.
Il digitale è la piattaforma (l’abilitante) che consente a queste azioni di dispiegarsi.
Molte di queste azioni, per il loro valore sociale, necessiterebbero di essere raccontate, di essere messe a regime per moltiplicarsi ed estendere i propri frutti a tutti secondo le logiche della sharing society.
Come capirete bene questa mia idea di “smart city” mette al proprio centro la figura umana consapevole.
D’altronde, in epoca di Internet of Things, se non chiarissimo bene che un sensore viene attivato da un soggetto umano per raggiungere un obiettivo prefigurato da quest’ultimo, correremmo il rischio di valutare solo l’effetto dei sensori, o dei sistemi di sensori, indipendentemente dall’avere indagato sul loro utilizzo.
La mia ricerca vi porta allora dall’indagare sui sensori o sui sistemi di sensorie/o di macchine, a quella dell’indagine sui sistemi di attività del genere umano consapevole.
Se volete, questa è la sfida che ci attenderà, sempre di più nei prossimi anni.
Potete catalogare le attività digitali e i prodotti come smart city ma, la definizione di smart citizen è e sarà sempre di più una definizione corretta.
SE VOLETE LEGGERE I MIEI LIBRI SULLE SMART CITIES CLICCATE QUI
4 risposte su “IL DECLINO DELL’IDEA DI SMART CITY. ORA, OFFRIAMO UNA DIVERSA PROSPETTIVA.”
Indubbiamente una iniziativa lodevole ma non vedo nessun accenno a niente che non riguardi internet o la gestione dati… smart city non é solo avere il wifi gratuito o le app per i parcheggi… smart city é innanzitutto una architettura funzionale, una urbanistica pensata in maniera intelligente, un giusto equilibrio tra verde e costruito, una infrastruttura gestionale e finanziaria accessibile e completa.
Alessandro, non posso che convenire con te. Nella mia visione il termine smart viene dissociato dall’uso dell’I.T.. Smart é ad esempio la raccolta differenziata fatta in modo adeguato ecc..
Smart City si, ma dal basso ed ecosostenibili
un passo dell’articolo…
Le Smart Cities possono essere intese in due modi.
Prenderò a prestito le parole di Alberto Cottica, che di OpenData e smart city si occupa da molto tempo (e che mi è particolarmente simpatico per essere stato uno dei fondatori dei Modena City Ramblers, ai cui concerti andavo da pischello):
“Uno considera che l’intelligenza delle città si concentri nelle sue università e nei laboratori di ricerca e sviluppo delle grandi imprese, e assegna ai cittadini il ruolo di consumatori dei vari gadget che queste producono. L’altro, al contrario, considera che l’intelligenza delle città sia dispersa tra tutti i cittadini, e lavora per creare spazi in cui la creatività di tutti possa esprimersi. La prima concezione di smart cities fa auto elettriche; la seconda fa ciclofficine, hackerspaces e agricoltura urbana.”
Continua…
Grazie mille per il tuo contributo Maurizio