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“You are not a gadget” brevi considerazioni

Sul quotidiano “La Repubblica” (19 gennaio 2010) Federico Rampini commenta il “provocatorio saggio” di Jaron Lanier “You are not a gadget”.

La tesi di Lanier – ma si intuisce condivisa anche da Rampini – ripercorre il pensiero che si è espresso più volte negli ultimi anni secondo il quale l’irrompere nella rete delle piattaforme WEB 2.0 avrebbe falsato la purezza originale dei fondatori determinando, una sorte di appiattimento culturale tra gli utenti.

Secondo queste tesi Wikipedia sarebbe una mediocre imitazione delle “vere enciclopedie”, Second Life ci astrarrebbe, modificando il nostro profilo psicologico, dalla realtà.

Queste tesi sono oggetto di discussione appassionata, confutate da intellettuali come David Weinberger.

Ciò che mi disturba è la scelta di ideologizzare ciò che sta avvenendo nel mondo del WEB. Ecco apparire termini quali “maoisti digitali”, sovranità popolare, egualitarismo, cybercollettivismo.

Per piacere si tolga ogni connotato ideologico.

Centinaia di milioni di persone hanno scoperto un inedito strumento di condivisione e di partecipazione. Tutto ciò ha aspetti indubbiamente positivi. Pensiamo solo alla possibilità offerta a milioni di persone in ogni parte del mondo dall’avere in rete decine di migliaia di libri. Il sogno di Negroponte, un computer a ogni ragazzo, serve solo a usare la videoscrittura o a poter accedere alle conoscenze custodite in rete?

Ovviamente la discussione senza moderazione, senza mediazione democratica, genera populismo, consolida l’idea che si possa contare nei processi decisionali indipendentemente dalle Istituzioni. Qualcuno ha scritto che “il sonno della ragione genera mostri”.

Ma i benefici indotti dal WEB sono assolutamente superiori ai limiti e ai problemi.

Mi permetto solo di sottolineare che l’irrompere della cultura WEB 2.0 è avvenuto contemporaneamente alla crisi della politica e dei Partiti. Uno strumento enorme di democrazia non è tutt’ora colto pienamente dalla politica che, anziché incoraggiarlo tende a comprimerlo e a ricondurlo “ai mondi conosciuti”.

Peccato che “i mondi conosciuti” siano drammaticamente in crisi.

La dimostrazione delle mie affermazioni è che un politico innovatore come Obama ha fatto si che il WEB 2.0 abbia contribuito in modo decisivo al suo successo. Importante è stato il valore del messaggio politico, il WEB 2.0 ne è stato lo strumento di divulgazione. In altri tempi dominati dai “media tradizionali” ciò non sarebbe potuto avvenire.

Chissà se la politica italiana comprenderà questo messaggio.

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