In questi giorni sto usando molto spesso il termine “digitalizzazione dell’esistente”.
Mi è stato chiesto di spiegare meglio cosa intendo dire quando affermo che alcune proposte contenute nell'”Agenda Digitale” si limitano a digitalizzare l’esistente.
Durante il meeting di Cernobbio un autorevole esponente della Magistratura, il Dottor Davigo, ha affermato: “È quarant’anni che la risposta alla situazione italiana si basa sull’aumento dell’offerta di giustizia. Sono stati raddoppiati gli organici dei magistrati di professione, si è fatto ampio ricorso alla magistratura onoraria, si è cercato di organizzare gli uffici…”.
La “digitalizzazione dell’esistente” è la pretesa che la tecnologia I.T. risolva l’inefficienza della P.A. (questa volta ho usato l’esempio della Magistratura) senza cambiarne i meccanismi, il personale, l’organizzazione.
L’efficacia sarebbe pari a zero, anzi potremo assistere ad una duplicazione dei costi.
La tecnologia I.T. per poter dispiegare tutte le sue potenzialità ha bisogno che si cambi “tutto”.
Esempio: il fondamento delle piattaforme WEB 2.0 è costituito dalla filosofia della condivisione.
Introdurre il social networking nella P.A. senza prevedere “l’obbligo” a condividere tra i dipendenti e tra i dipendenti e i cittadini farà si che le potenzialità del WEB 2.0 si perdano tutte per strada.
Quando affermo che alcuni contenuti dell’Agenda digitale (a partire dalla scuola) si limitano a digitalizzare l’esistente, intendo proprio sottolineare questi limiti.
2 risposte su “Agenda digitale e “digitalizzazione dell’esistente””
Caro Michele, sono d’accordo, ma certi “obblighi” da introdure per cambiare le organizzaizoni spesso sono necessari anche nel privato.
Io nell’immediato sarei già contento: 1) di poter trasferire i file di lavoro, dai pc sulle scrivania alle cartelle condivise in rete; 2) che qualcosa come il “tasso di condivisione” diventasse obiettivo dirigenziale e parametro di valutazione per la corresponsione della retribuzione accessoria.
E mi viene un dubbio. Se dentro le organizzazioni pubbliche tra operai della conoscenza e dirigenti, tutti dipendenti, dobbiamo(!) condividere i contenuti… perché non condividere anche uno (stesso) contratto di lavoro e ripensare i divari esistenti nella retribuzione ?