Dall’intervista rilasciata dal Boss al Corriere della Sera: “…Abbiamo ancora un figlio a casa: è all’ultimo anno di high school e ha bisogno di avere qualcuno vicino. L’anno prossimo se ne saranno andati tutti di casa e potremo andare in tour più spesso”.
E’ la grande forza dei paesi anglosassoni, l’ingresso all’Università rappresenta l’ingresso nella vita adulta, il distacco dalla famiglia, l’inizio della mobilità geografica e sociale.
In Italia il “mito” della famiglia ci vincola, ci ferma, ci immobilizza, ci rende socialmente statici.
La colpa non è dei figli, la colpa è dei padri che fanno il mutuo per aiutare i figli ad avere una casa in proprietà, magari nello stesso edificio.
Negli Stati Uniti il mutuo si fa per pagare l’Università, in Italia per comprarsi la casa e vincolarsi a vita ad un territorio e a un lavoro.
E’ questo modello che va abbandonato. La crisi ha messo in discussione questo modello. E’ questo modello la causa delle nostre difficoltà.
1 risposta su “Bruce Springsteen e la “mobilità sociale””
Trovo estremamente interessante, proprio perchè si tratta di un tema negletto, questo accostamento apparentemente improprio tra mobilità sociale e territoriale. Del resto, quando si è creato un mercato comune europeo, si auspicava che la condivisione del lavoro passasse da un regime di necessità a quello di opportunità.
Le implicazioni sono molteplici e aggiungerei anche il concetto di mobilità economica. Chi contrae un mutuo si pone come debitore, in diretta competizione con chi fa investimenti, riducendo così lo sviluppo di offerte di lavoro che possono riguardare sia lui che i propri figli. Spero che questo nodo cruciale trovi ancora altri momenti di approfondimento, nonché di iniziativa.