Non voglio gufare, né passare per quello che “ve l’avevo detto io”, ma siamo fermi.
L’Agenda Digitale è ferma (DL 83/2012 e DL 179/2012). Se leggete il report del “Servizio Studi-Dipartimento Trasporti” della Camera dei Deputati “Monitoraggio dell’attuazione dell’Agenda digitale italiana”, vi accorgerete che siamo immobili.
Il problema non è tanto quello dell “Agenzia digitale italiana”, quanto quello dell’intera “Agenda”.
Il difetto sta nelle origini. L'”Agenda Digitale Italiana” poiché interessa quasi esclusivamente la Pubblica Amministrazione, si presenta come una sorta di “autoriforma”.
L’attuazione dell'”Agenda” è demandata ai decreti attuativi, i quali sono scritti (o ritardati) dalle burocrazie che, in virtù della legge medesima, dovrebbero accettare forme innovative che ne limitano -o ne cancellano- i poteri. Impossibile in natura, soprattutto in Italia.
Dal report emerge chiaramente che, nonostante tutti i tempi stabiliti dalla legge siano abbondantemente trascorsi, i decreti attuativi stanno ancora “nella mente di Giove”.
La verità è che l'”Agenda Digitale” si configura in larga parte come una sorta di “digitalizzazione dell’esistente”. I casi eclatanti sono la carta d’identità elettronica e la PEC.
La riproduzione in chiave web delle storture burocratiche porta inevitabilmente alla paralisi. Il problema da risolvere è quello della disarticolazione delle burocrazie, più che quello della loro digitalizzazione. Un atto se è inutile non lo rendi utile digitalizzandolo.
Ovviamente dobbiamo proseguire e non ricominciare da capo; costringiamo le eterne burocrazie ad emanare i decreti attuativi immediatamente, verifichiamo la forma attraverso la quale si esprimeranno le “riforme digitali”, pena la loro inutilità.
L’appello che rivolgo è affinché si cambi l’approccio culturale alla digitalizzazione del nostro Paese.
La massiccia digitalizzazione della quale il nostro Paese ha bisogno, non riguarda solo la Pubblica Amministrazione. L’industria privata ha un grande bisogno di innovazione quanto la Pubblica Amministrazione. E poi, alfabetizzazione digitale a tutti i livelli. E così via.
Soprattutto, nel pubblico come nel privato, meno “digitalizzazione dell’esistente”.
Il web, l’ICT, è rivoluzione della conoscenza e del sapere. Ma, come dovrebbe essere noto, le rivoluzioni non sono la “digitalizzazione dell’esistente”!!!