Secondo le notizie di stampa questa settimana il Governo approverà i primi decreti delegati di riforma della Pubblica Amministrazione.
Non sappiamo se riguarderanno anche quanto previsto all’articolo 1 della Legge 124 (legge Madia).
La sfida per la digitalizzazione della Pubblica Amministrazione non si vincerà se ci si limiterà a “digitalizzare l’esistente” o a soddisfare quanto richiesto da élite molto ristrette di “digitalizzatori”.
La Legge già oggi prevede che entro la fine del 2016 le relazioni tra le Pubbliche Amministrazioni e i cittadini e le imprese avvengano secondo modalità esclusivamente digitali.
In realtà la Pubblica Amministrazione italiana è già oggi interamente digitalizzata.
Quando in modo “poco meditato” sento affermare: “digitalizziamo la P.A.”, questa è una affermazione priva di fondamento. Oggi tutti i PROCEDIMENTI e larga parte dell’”esistente” sono digitalizzati. I software gestionali sono largamente diffusi nella P.A. almeno da un ventennio.
E, non sempre, “l’esistente” e i procedimenti sono digitalizzati male. Conosco mille esempi di procedimenti che si fondano su ottime architetture software.
Ciò che non è INTERAMENTE DIGITALIZZATO sono le relazioni con i cittadini; meglio, l’intero ciclo di erogazione – processo – di un servizio al cittadino non è digitalizzato. Almeno una parte del procedimento necessita di un modulo cartaceo che andrà portato o inviato ad uno sportello.
Se vogliamo raggiungere con successo gli obiettivi che la Legge pone agli Enti Locali (alla P.A. nel suo complesso) sarà necessario digitalizzare l’intero processo di erogazione di un servizio.
Questa attività non sarà assolutamente un processo banale di realizzazione di nuovi software – o di integrazione degli esistenti – perché per avere successo necessiterà di un profondo cambiamento dei modelli organizzativi e di una diversa “cultura aziendale”.
Naturalmente questo processo innovativo muta l’essenza stessa della Pubblica Amministrazione ma, dovrà di avere come interlocutore una generazione di cittadini consapevoli, gli smart citizen.
In questo caso la formazione degli smart citizen non si limiterà ad insegnare ai cittadini un uso corretto delle piattaforme di erogazione dei “nuovi servizi digitali”.
In realtà, iscrivere un bambino alla scuola materna comunale, o il richiedere il rilascio di una concessione di suolo pubblico, utilizzando un processo interamente digitalizzato in modo decontestualizzato, sono cose assolutamente banali nella loro realizzazione. Non serve una particolare cultura digitale dei cittadini o una particolare abilità nella produzione dei software per realizzare con successo queste attività.
Sarà invece necessaria l’affermazione, sia nella Pubblica Amministrazione, che tra i cittadini, di una diversa cultura della consapevolezza.
I cittadini potranno avere a loro disposizione tutti gli strumenti per interloquire alla pari con la P.A., uscendo dall’attuale situazione di sudditanza; i dipendenti della P.A. riqualificheranno la loro attività concependola come un servizio e non come l’osservanza di una legge o di un regolamento.
Si dovrà cioè affermare un circuito virtuoso di innovazione basato sulla domanda e sull’offerta di servizi digitalizzati.
Leggeremo e valuteremo i nuovi Decreti Delegati.
Per quanto mi riguarda il mio giudizio sarà legato a quanto ho esposto più sopra.
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2 risposte su “In attesa dei provvedimenti della Madia”
L’analisi del suo articolo è perfetta per una azienda, ma non menziona mai il Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD), che racchiude i criteri con i quali la digitalizzazione di un ente pubblico, che cura interessi pubblici, va portata avanti.
Le faccio un esempio: la Pubblica Amministrazione (PA) è tenuta al rispetto dei tempi di erogazione dei servizi (ndr. L. 241/90, termini procedimentali). I termini vanno dal ricevimento della domanda all’emanazione del provvedimento finale: si tratta di documenti (pubblici, soggetti a tutela) che devono essere registrati in maniera certa per poter garantire al cittadino il rispetto dei tempi e dimostrarlo in caso di ricorsi/impugnazioni/contestazioni. La registrazione del cartaceo era abbastanza semplice e rodata, invece quella del digitale deve avvenire seguendo le indicazioni del CAD: occorre dotarsi di software e infrastrutture informatiche che garantiscano la conservazione di documenti informatici a norma.
Ancora: il risultato della scansione di un documento cartaceo firmato non ha lo stesso valore giuridico dell’originale da cui è tratto, in quanto le firme in ambiente digitale sono altra cosa.
Potrei fare mille esempi di questo genere: non esiste un parallelismo tra documenti cartacei e documenti elettronici che possa essere reso in maniera automatica dotandosi di programmi.
Ora, lei mi dice che è “interamente digitalizzato”: ma come è digitalizzato? In barba ad ogni regola e formalismo giuridico che ne consenta il rispetto di trasparenza ed anticorruzione? Non siamo in un’azienda che eroga servizi, se digitalizziamo dobbiamo farlo ricordandoci che emaniamo atti pubblici soggetti anche a contenziosi.
Non si tratta di vaneggiamenti di una elité, dott. Vianello: si tratta di cultura, formazione, portare avanti l’innovazione rispettando la propria professionalità, di appartenente ad un ente pubblico e quindi destinato alla cura di beni pubblici.
Quello che spero, in cuor mio, è che ci siano sempre dirigenti pronti a non spendere soldi pubblici per software informatici che andrebbero bene dall’e-commerce in poi, ma abbiano conoscenze e professionbalità adeguate alla pubblica amministrazione digitale.
Grazie, cordialmente.
“La legge non ammette ignoranza” è un principio giuridico universale.
Il corrispondente latino “ignorantia legis non excusat” è anche più chiaro, perchè sottintende che la giusta punizione sarà comminata a prescindere che si sia consapevoli o meno, non si fa il processo alle intenzioni, ma si puniscono fatti ed azioni.
Questa premessa è dovuta, perchè, come la gente, la Pubblica Amministrazione è fondamentalmente ignorante.
Ignora che Word ed Excel sono fuorilegge ed i formati di archiviazione non sono ammissibili, perchè non sono formati aperti, standard e documentati.
Quindi, ciò che tu ritieni digitalizzato, è in reltà poco meno di un foglio di carta stampata, perchè non lo puoi archiviare.
Inghilterra, Russia, Brasile, Cina, non ammettono da anni l’uso di formati proprietari per l’archiviazione di dati pubblici, che appartengono alla comunità.
Non sono mie opinioni, ma derivano dal testo del CAD, Codice dell’Amministrazione Digitale, art. 68 in particolare e dalle circolari esplicative, l’ultima sui formati di archiviazione e sull’obbligo di redazione del manuale per l’archiviazione sostitutiva.
Vero è che Word ed Excel vengono nominati, ma il formato nativo di archiviazione NON è nell’elenco di quelli accettabile per il manuale.
E’ ovvio, come presidente di un LUG, lo dico da 20 anni.
Il problema è l’aspetto punitivo che nella norma manca, fino a che, resosi conto della quantità di denaro pubblico sprecato, un giudice della Corte dei Conti non si deciderà a condannare centinaia di amministratori pubblici per DANNO ALL’ERARIO.
Si, perchè tutti i documenti Office 97 o Works che non sono più accessibili, sono DANNO ALL’ERARIO.
E qual’è l’unico programma che oggi apre un documento Works?
LibreOffice, ovviamente, e lo fa gratis.