Si possono dire “smart” le città che non gestiscono le reti idriche?
Una risposta: le città “native digitali”
Vi chiederete cosa c’entrano l’acqua e il digitale. L’acqua e il digitale c’entrano molto, più di quanto voi possiate pensare.
Qualche giorno fa ho letto un articolo sul quotidiano la Stampa “Oltre un terzo dell’acqua si perde nella rete idrica“.
L’articolo riporta alcuni dati rilevanti frutto di una ricerca fatta dall’ISTAT e dall’ISPRA.
Secondo lo studio, nel 2015 “esaminando 116 capoluoghi di provincia si ha una perdita media del 35,4% dell’acqua che viene immessa in rete, con molte zone che superano il 60%. Tra queste ci sono le città di Cosenza, dove si arriva al 76,9%, Frosinone col 71,9%, Tempio Pausania col 68,6%, mentre le perdite minori si segnalano a Macerata col 6,6%, Udine con l’8,8% e Mantova al 9,6%.”.
Questa situazione, gravissima, induce a tre considerazioni:
- la prima é di ordine generale. L’acqua é un bene prezioso, non va disperso, non va sprecato. Il suo uso va ottimizzato. Tutti noi dobbiamo essere maggiormente responsabili nell’uso dell’acqua potabile;
- la seconda é legata all’impatto che la dispersione nelle reti idriche ha sulla bolletta che paghiamo ai gestori. In un qualche modo paghiamo noi cittadini in bolletta l’inefficienza dei gestori nei processi manutentivi;
- la terza é legata alla considerazione secondo la quale una pessima manutenzione delle reti idriche non garantisce la qualità dell’acqua che beviamo. “Oltre a questo rischio (dispersione), è ben presente anche quello legato ai pesticidi, presenti sia nelle acque superficiali che sotterranee, con un esame che ha riguardato 54 capoluoghi per un totale di 160 punti di monitoraggio. Il 16,2% dei siti (26 stazioni) ha livelli di concentrazione superiore ai limiti ambientali e riguarda 18 città. Nei campioni che superano i limiti sono spesso presenti miscele di sostanze, fino a un massimo di 34, e tra queste le più ricorrenti sono l’insetticida imidacloprid e l’erbicida glifosate ……
Ciò che mi ha stupito, in questa “orgia digitale” che ci circonda, é che non si sia rilevato, nello studio, se i gestori delle risorse idriche utilizzino i sistemi di sensori (filone definito Internet of Things) nei sistemi idrici, per rilevare in tempo reale i bisogni manutentivi, i mal funzionamenti ecc..
Non sono tecnologie nuove, sono ormai diffuse; il concetto di manutenzione predittiva (basata sull’uso dei dati generati dai sensori) dovrebbe essere sufficientemente diffuso.
Peraltro un buon sistema sensoristico consentirebbe – in epoca di FOIA e di trasparenza – di rendere più leggibile la bolletta dell’acqua e di rendere maggiormente visibili i comportamenti virtuosi nell’uso dell’acqua potabile.
Egualmente in tema di trasparenza potrebbe – l’uso di tecnologie I.O.T. – rendere trasparente ai cittadini il livello della qualità dell’acqua che utilizziamo per i diversi usi.
Come capite, sotto diversi profili, quello dell’uso della sensoristica e del dato (la nuova frontiera per gli open data) é un esempio tangibile della definizione di città smart e di uso “non superfluo” delle piattaforme digitali.
Nelle prossime settimane tornerò su questi concetti e su queste opportunità.
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