Evitata l’ennesima sciocchezza in salsa “italiana”.
I quotidiani ci informano che la RAI ha smentito di voler assimilare i PC alle televisioni e di farci pagare un “canone su internet”.
Uso volutamente i termini “PC” e “televisioni”.
In realtà tutti noi paghiamo un canone non sui contenuti di cui usufruiamo, bensì sullo strumento “televisivo”.
Questa è la contraddizione da affrontare. Piaccia o no siamo nell’epoca nella quale i media tradizionali (strumenti e contenuti) sono superati dalla produzione di contenuti generati da tutti noi attraverso le piattaforme social.
E’ l’epoca nella quale non ci accontentiamo più di consumare, è l’epoca in cui siamo prosumer (produttori e consumatori).
In quanto prosumer decidiamo noi.
La nuova generazione di strumenti televisivi inevitabilmente sarà sempre di più indirizzata alla produzione e al consumo.
E anche quando consumiamo vogliamo decidere noi cosa consumare, siano notizie, piuttosto che film ecc.
Per questo appare sempre di più anacronistica una tassa (come è appunto il canone RAI) “a prescindere”.
Nessun problema a pagare un quid alla RAI (a Mediaset, a Apple TV, a Sky), ma paghiamo ciò che abbiamo scelto di consumare.
Se chi fa le leggi non capisce che il mondo è cambiato, sarà sempre di più inevitabile una fuga dallo strumento televisivo e soprattutto dai contenuti che non avremmo contribuito a creare e che non avremmo scelto consapevolmente.
Chi pensa di varare una Agenda Digitale Italiana non potrà esimersi dall’affrontare anche questo nodo: la fine di ogni monopolio di Stato.