Forse è necessario ripensare alla definizione di politiche industriali.
A questo termine associamo ancora l’idea di industria, della produzione dei beni materiali.
Infatti, quando assistiamo alla crisi delle produzioni industriali tradizionali sentiamo invocare la necessità di politiche industriali.
Continuiamo, troppo spesso a parlare del ‘900.
Mi rivolgo invece al Governo e ai Ministri dell’Università e della ricerca e delle Attività produttive, perché affrontino il tema della “politiche industriali” per il Paese adottando un approccio culturalmente “internet oriented”.
In questa sede mi limiterò ad esplicitare due esempi emblematici di un nuovo modo di affrontare la produzione e lo sviluppo.
Da un pò di tempo, soprattutto tra gli addetti ai lavori, si sta discutendo di Horizon 2020, ossia di quel programma di investimenti previsto dall’Unione Europea (80 miliardi di euro) per costruire:
“Eccellenza nel campo scientifico – Rafforzare l’eccellenza UE in campo scientifico a livello mondiale. Tale programma ha lo scopo di rafforzare e aumentare l’eccellenza della UE in campo scientifico e di consolidare l’Area di Ricerca Europea per rendere il sistema europeo di ricerca e innovazione maggiormente competitivo su scala globale;
Leadership industriale in un quadro di competitività – Creare una leadership industriale, rafforzandone la competitività, sostenere l’innovazione e le industrie, comprese le PMI Questo programma ha lo scopo di accelerare lo sviluppo tecnologico e l’innovazione alla base del business futuro e aiuterà le più innovative SME europee a trasformarsi in compagnie leader a livello mondiale. Inoltre sia le attività di accesso al credito che all’innovazione seguiranno una logica bottom-up e on-demand senza la predeterminazione delle priorità; mentre l’attività di leadership per l’avanzamento e per le tecnologie industriali seguirà un approccio guidato dalle tecnologie per uno sviluppo in aree dalle molteplici applicazioni nel settore industriale e dei servizi.
Affrontare le sfide sociali – Rispondere alle sfide identificate dalla strategia Europa 2020 Questo programma risponde direttamente alle priorità politiche identificate nella Strategia Europa 2020 e ha l’obiettivo di stimolare la massa critica degli sforzi di ricerca e innovazione per la realizzazione degli scopi politici della UE.”
Come si capirà bene gli obiettivi di Horizon corrispondono alle necessità di innovazione, competitività, coesione sociale di cui il nostro Paese ha un disperato bisogno.
Come dovrebbe essere noto avranno possibilità di successo quei Paesi che riusciranno a concentrare le loro priorità nazionali su pochi e ben definiti obiettivi.
Non mi risulta che in Italia in questo momento ci sia nessuno che pensi ad una regia per rispondere a Horizon 2020 in modo coordinato .
La proposta (ecco la politica industriale di cui abbiamo bisogno) è che il Governo indichi 3 grandi progetti “nazionali” su cui far convergere le sinergie delle imprese (l’Italia ha molte industrie informatiche), delle Università e dei Centri di Ricerca. Naturalmente i territori dovrebbero essere partecipi di questo sforzo.
I bandi del MIUR “Cluster” e “Smart Communities” si sono dedicati al metodo, ma nei risultati si è, ancora una volta, favorito il frazionamento dei progetti.
Ripeto, bisogna condividere al più presto 3 progetti “di interesse nazionale” attorno ai quali il Governo in sede UE dovrebbe far valere le proprie ragioni, come d’altronde fanno tutti gli altri Paesi Europei.
Questa che ho indicato è politica industriale innovativa.
La seconda strada da percorrere è una sorta di riscrittura di Agenda Digitale.
Ho più volte espresso le mie considerazioni attorno a questo argomento.
Si può anche informatizzare la burocrazia. Ma questo non è un segno di progresso.
Per sburocratizzare la PA non va scomodato l’IT. L’IT è solo uno strumento.
Ritengo invece andrebbero considerate come agenda digitale per il Paese tutte quelle misure in grado di innovare, assieme alla Pubblica Amministrazione, soprattutto i processi produttivi dell’industria italiana.
Nella mia attività mi accorgo infatti dell’arretratezza IT della piccola e media impresa (ma non solo) italiana.
Alla diffusione dell’economia della conoscenza dovrebbe essere indirizzata un’altra branca importante delle politiche industriali italiane.
Capisco come le mie possano apparire come fughe in avanti, ma ciò che deve essere evidente è che l’economia di Internet, l’economia della conoscenza non sono una delle tante carenze di cui soffre il nostro Paese.
La digitalizzazione dell’Italia è una condizione di sopravvivenza e un obbligo per poter uscire dalla crisi, è la vera politica industriale che bisognerebbe intraprendere.