Ho letto la bozza “Disposizioni urgenti in materia di attuazione dell’Agenda digitale italiana e start up innovative”.
E’ una bozza, quindi i nostri commenti potranno cambiare nei prossimi giorni.
Articolo i miei commenti (suggerimenti) in due puntate. Domani pubblicherò le mie opinioni su “Comunità nazionali intelligenti” e “Finanza d’impatto sociale”.
Prima osservazione: molte parti del decreto, a partire dalla sanità, costituiscono un contributo importante all’innovazione. Altre, a partire dalla scuola, e dal commercio elettronico, costituiscono una clamorosa occasione perduta.
Il Decreto interviene molto sul tema della modernizzazione della Pubblica Amministrazione, indica poi delle metodologie in materia di innovazione “strategica del Paese”.
Una prima domanda: l’articolo 43 “Grandi progetti di ricerca e innovazione”, nella sua formulazione assolutamente condivisibile, implica la volontà da parte del Governo di abbandonare i tradizionali “bandi”.
Per bandi intendo quel “pout pourri” burocratico definito nella vulgata comune Smart Cities sud e nord e Cluster nazionali che privilegiano nelle modalità di incentivazione dell’innovazione l’Università sull’industria.
Se è così bene!!! Tuttavia, di quale dotazione finanziaria, nel tempo, è fornito l’artico 43. Non sfuggirà che questo fa la differenza in un Paese che, se vuole uscire dalla crisi, deve innovare profondamente non solo la P.A., ma soprattutto il proprio apparato industriale e dei servizi.
Sotto questo versante il Decreto è scarsamente coraggioso (uso un eufemismo) sulla parte inerente l’agevolazione del commercio elettronico.
Un una tantum per il solo 2013 non ha senso; è offensivo offrire un incentivo di mille euro alle micro imprese. Per piacere, si adotti una misura coraggiosa: il commercio elettronico ha un’aliquota IVA inferiore al commercio tradizionale.
Altrimenti, meglio lasciar perdere, soldi buttati.
Osservazioni di ordine culturale. Quando un Paese decide di intervenire per innovare l’offerta pubblica di servizi deve essere consapevole che interviene in due ambiti delicatissimi.
Il primo attiene i diritti. L’accesso alla rete è un moderno diritto di cittadinanza.
Il Decreto impone l’innovazione, non la trasforma nella condizione per affermare una nuova stagione di diritti. Ciò imporrebbe la promozione della partecipazione consapevole da parte dei cittadini. Quella che si intravede nel Decreto è invece la logica impositiva degli apparati burocratici. Tutto il Decreto ne è permeato.
Il secondo attiene la necessità di cambiare la cultura e le modalità di erogazione dei servizi pubblici. In molte parti, essenziali il Decreto “digitalizza l’esistente”.
L’esempio più evidente è rappresentato dalle disposizioni in materia di digitalizzazione dei testi scolastici.
Il modo più moderno di innovare l’apprendimento -perché di questo si parla- sarebbe costituito da un uso diffuso delle piattaforme Wiki, dalla condivisione tra insegnanti, studenti, comunità cittadine della costruzione del sapere. Questa impostazione consentirebbe, ad esempio, di costruire strutture di cloud per condividere il sapere, anche su scala globale, perché. Sarebbe una nuova idea dell’e-learning, uno sgravio economico evidente per le famiglie.
E invece, secondo il decreto, gli attuali testi vengono scaricati in formato digitale. Capisco le pressioni delle Case editrici, ma se si deve innovare, innoviamo davvero. Ha senso continuare così?? Qualcuno ha pensato che testo scritto, immagini, video, nel mondo del web sono integrabili.
Una visione innovativa viene invece offerta dalla proposta di estensione del “Fascicolo sanitario elettronico”.
Un solo aspetto non mi è chiaro: al fascicolo potranno accedere, per inserire dati, anche gli specialisti -ad esempio un banale dentista- per consentire di raggiungere una completezza di informazioni sulla salute di una persona?
Un altra domanda: la “mia” cartella clinica è accessibile ovunque io sia? Esempio: sono in Germania, ho un problema di salute, il medico tedesco potrà avere accesso alla mia “storia sanitaria”?
Mi arrendo, ritengo la carta d’identità elettronica concepita su supporto fisso, un retaggio delle tecnologie del passato.
Ma temo che dovremo farcene una ragione, soprattutto se è prevista l’unificazione con la tessera sanitaria.
Ciò che invece non ha alcun senso è l’introduzione di un indirizzo personale (facoltativo) di posta elettronica certificato.
Come è noto la posta elettronica è solo uno strumento, peraltro in via di superamento oggi multi piattaforma. Abbiamo più indirizzi di posta elettronica ai quali attribuiamo funzioni diverse. Anche su Facebook abbiamo un indirizzo di posta elettronica.
E’ giusto che la Pubblica Amministrazione abbandoni definitivamente la comunicazione cartacea con i cittadini, ma ciò andrebbe accompagnato ad una attività di alfabetizzazione digitale dei cittadini.
Invece, articolo 21 “Inclusione digitale” si limita a principi, condivisibili, e poi? chi li attua, in quanto tempo, con che risorse??? Questo è un altro esempio di digitalizzazione dell’esistente.
Infine, il legare l’identità digitale di una persona ad un indirizzo di posta elettronica è un errore di ordine culturale molto forte.
L’indirizzo IP potrebbe costituire la mia identità. Soprattutto oggi quando l’avvento dell’IPV6 rende praticamente illimitato il numero di indirizzi a disposizione dell’umanità.
Perché un frigorifero potrà avere una sua identità digitale (solo quella) e un essere umano no?
A domani amici miei.
4 risposte su “Osservazioni e suggerimenti sull’Agenda Digitale”
[…] quindi letti con l’avvertenza che si tratta di suggerimenti. Chi ha avuto la bontà di leggere il mio post di ieri coglierà tutta la volontà di […]
molto d’accordo: perchè non partecipi all’incontro con il ministro e lo staff giovedì 13 da H-Farm? può essere una occasione di confronto.
http://www.italiastartup.it/day-2-si-riparte/
Libero
Certo che ci sarò.
[…] articolo 21 “Inclusione digitale”.. Continua a leggere l’articolo completo sul Blog di Michele Vianello […]