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Perché l’Agenda Digitale potrebbe non essere credibile

Ho assistito al varo di Agenda Digitale. Ho tifato perché venisse approvata.

Sto leggendo commenti vari pubblicati su autorevoli fonti di stampa. (qui riporto solo Il Sole 24 ore e WIRED), mi riservo di leggere con attenzione il testo.

Se sono veri i commenti che sto leggendo siamo in presenza di una “occasione perduta”.

Segnalo ad esempio come non siano stati affrontati argomenti fondamentali; pochi sanno che l’infrastrutturazione IT di una città non è ricompresa tra le opere di “urbanizzazione primaria”. Quelle obbligatorie insomma. Le leggi urbanistiche e sui lavori pubblici risalgono a qualche lustro fa. I tubi dell’acqua sono obbligatori, l’accesso alla rete invece no. Strano Paese il nostro.

Ma nessuno se ne è accorto.

Colpa della politica? No, cari amici non ci sto.

È un Governo di tecnici “esperti”; soprattutto gli articoli li hanno scritti ed emendati dipendenti pubblici. Alti dirigenti dello Stato e della Pubblica Amministrazione.

L’Agenda Digitale (tranne il caso delle startup) è in larga parte una volontà di autoriforma della Pubblica Amministrazione italiana. Questo è il suo limite, piaccia o no.

Mi chiedo, possono essere coloro che ingessano e burocratizzano la P.A. gli attuatori della riforma??

Rifletteteci bene.

E ancora, le riforme previste da chi saranno attuate nelle Regioni, nei Comuni, nei Tribunali, nelle scuole nell’apparato centrale dello Stato??

Sarà responsabilità della politica? Certo, ma non solo.

Prima di tutto il soggetto attuatore sarà identificabile nei gruppi dirigenti degli apparati dello Stato e della Pubblica Amministrazione.

Credete davvero che coloro che hanno fatto della cultura del rispetto della norma il fulcro del loro potere accetteranno di scardinare il fondamento stesso del loro esistere??

È chiaro che impatto finanziario positivo avrebbero riforme profonde nel modo stesso di funzionare della P.A.?

Qualcuno ha pensato all’impatto sulle nostre città, sul loro funzionamento di mobile, social networking, cloud computer? Altro che smart cities!!

L’Agenda Digitale sarebbe stata credibile se fosse stata accompagnata da norme di accompagnamento al pensionamento di grande parte dei dirigenti, dei capi centro (qualcuno pensa davvero che il capo centro dell’ACTV abbandonerà l’IMOB? semplice esempio), dei quadri, dei Giudici, dei Presidi, degli Insegnanti. E non è solo un problema di età.

Nelle aziende private la gestione dei cambiamenti organizzativi -soprattutto se dovuti all’introduzione di tecnologie I.T. “disruptive”- sono pacificamente accompagnate dal cambiamento del management. Sta nelle regole del gioco. Perché nel pubblico non dovrebbe essere così?

E ancora. La riforma della P.A. va scritta da chi è esterno alla P.A., scardinando i fondamentali della P.A..

Non basta introdurre qualche IPAD, la carta d’identità elettronica e Open Data per dire abbiamo fatto l’Agenda Digitale. Ciò è ridicolo.

Siamo ancora in presenza di “digitalizzazione dell’esistente”. Purtroppo.

In realtà il mondo dell’innovazione ci prepara sfide ardue alle quali “culturalmente” non siamo attrezzati.

Non ce l’ho con i pubblici dipendenti. Semplicemente non sono adeguati culturalmente alle sfide che ci aspettano.

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