Ieri 26 aprile è stata inaugurato l’avvio della Posta Elettronica Certificata.
Filmati, giornali, proclami, “rivoluzioni” varie in corso.
Nella giornata di ieri, mia moglie si rivolge (telefonicamente) ad una ASL veneta chiedendo l’invio a casa del responso di un esame.
Naturalmente, subendo le mie nefaste influenze, ha chiesto se poteva usare la PEC.
L’ovvia risposta (purtroppo) è stata: usi il fax, fotocopi il suo documento di identità, faccia un bonifico (spese postali incluse), “il suo referto le verrà recapitato a casa”. La PEC non siamo addestrati ad usarla, ha argomentato il dipendente dell’ASL.
Chi scrive rispetta e pratica la dura battaglia per la modernizzazione della PA. Un consiglio, meno proclami e filmati, più formazione dei dipendenti, più responsabilizzazione dei dirigenti.
Insomma, la via della riforma della PA è fatta di meno regole, meno proclami, meno “rivoluzioni in corso” e più pratica, delegificazione e convenienze reciproche.
3 risposte su “Posta elettronica certificata. Le speranze e la dura realtà dei fatti.”
Il problema è che in Italia prevale quasi sempre la tentazione dell’effetto annuncio: prima si annunciano le cose, poi, forse, si realizzano.
Sembrano incapaci di introdurre una novità con un’adeguata fase di test e una successiva introduzione scalare tesaurizzando l’esperienza del test.
Sono assolutamente d’accordo. L’idea è che non si innovi per i cittadini, ma per dire “sono stato bravo”. Non mi scandalizzo “fa parte del gioco”. Il “gioco” però deve funzionare.
No dai, davvero, non spariamo sulla “croce rossa” perche’ (anche dove ci prova) la sanita’ e’ un colabrodo 2.0.