Per troppo tempo la discussione italiana sulle smart cities è stata incentrata sull’uso quantitativo delle tecnologie I.T..
Il genere umano “intelligente” che usa in modo “consapevole” l’information technology sembra scomparso.
Un articolo di Gabriele Niola apparso su Wired “10 smart city immaginate al cinema” ripropone pari, pari la stessa visione limitativa della smart city.
Per carità adoro Blade Runner, Robocop e Starship Troopers, ho letto religiosamente il “Neuromante“, ma associare l’idea delle città smart alle architetture immaginate in alcuni film è un pò troppo. Affascina, ma c’entra con le smart cities come i classici cavoli a merenda.
Per carità siamo in periodo feriale ma, vi prego.
Ovviamente ho anche io i miei trip.
Ricordate la celebre frase “Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi, navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione, e ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser.
E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo come lacrime nella pioggia. È tempo di morire”
E se Rutger Hauer alludesse alla dispersione della infinita quantità di dati (i momenti che vanno perduti) non verrebbe così posto con qualche decennio di anticipo il tema dei Big Data? Big Data come conoscenza, come opportunità, come consapevolezza del genere umano.
Alla faccia della smart city come città di macchine.
Uomini consapevoli al centro degli ambienti urbani, é questa la sfida che ci attende.
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