Il mio libro “Smart Cities – Gestire la complessità urbana nell’era di Internet” è dedicato “A coloro che non sognano. Non sanno cosa perdono”.
Impegnarsi per percorsi di trasformazione smart di un ambiente urbano implica una forte capacità di sognare.
Quando parlo di sognare intendo al capacità di immaginare scenari possibili.
Immaginare scenari non è assimilabile alla rigida pianificazione del territorio. In fin dei conti, in altra epoca, la pianificazione era anche la capacità di immaginare destinazioni, ipotesi di sviluppo.
Ma oggi l’epoca della crescita indistinta, quantitativa è finita. È finita l’epoca dell’autoreferenzialità
Il motore del sogno dovrebbe essere il seguente. La rivoluzione dell’Information Technology, attraverso l’irrompere di tecnologie innovative e pervasive, ha cambiato il modo di comunicare e di generare conoscenza.
Il sogno non è appannaggio solo delle governance cittadine. Eppure ce ne sarebbe un grande bisogno.
Il sogno lo può fare ognuno di noi. Ognuno di noi ha a disposizione tecnologie e relazioni.
La crisi economica ci ha tolto la voglia di sognare. La ha tolta alle governance cittadine, attanagliate dalla “dura quotidianità”. La ha tolta ai cittadini.
Eppure, proprio in questo momento ci sarebbe bisogno di tracciare scenari e di mettere assieme le informazioni e i dialoghi per cambiare davvero.
Cominciate allora a pensare a 5 insegnanti in una stanza, nell’isola del tesoro.
5 insegnanti chiamati non semplicemente ad apprendere l’uso di un tablet o di una lavagna elettronica.
5 insegnanti i quali, di fronte al quel “ben di Dio tecnologico”, devono pensare a come cambiare i modi di insegnare, le modalità di apprendimento.
Insomma 5 insegnati che apprendendo essi stessi, sono chiamati a superare la “digitalizzazione dell’esistente” nella scuola.
Questo metodo, in sé banale, fa si che la capacità di immaginare da parte delle persone si possa trasformare in valore sociale ed economico.
Pensate se questo metodo venisse applicato a svariati aspetti della nostra vita, sia sul versante amministrativo, che su quello economico, che nella vita di ogni giorno.
Ecco un altro aspetto: la smart cities non è un punto di arrivo è frutto di processi costanti di cambiamento.
Persone che immaginano un uso migliore, performante, intelligente delle tecnologie, IT saranno così di nuovo i soggetti protagonisti della Smart Cities.
2 risposte su “Sognare per governare. Un approccio visionario alla Smart Cities”
[…] pubblicato – finalmente – il libro, non smette di provocare e voglio riprendere il suo ultimo post. Sognare o Governare? Essere, o non essere, questo è il dilemma: se è più onesto affannarsi […]
[…] ha pubblicato – finalmente – il libro, non smette di provocare e voglio riprendere il suo ultimo post. Sognare o […]