Nini Scaramuzzi è il Direttore del COSES, luogo di elaborazione e ricerca sulla realtà socio-economica di Venezia. http://www.coses.it/
Con Nini e con il COSES ho lavorato molto, con grande soddisfazione. Coraggio e capacità innovativa è ciò che ha contraddistinto il nostro lavoro. In quest’epoca di scarso coraggio e di povertà di idee questi lavori andrebbero studiati dai molti “apprendisti stregoni” con umiltà.
Il commento di Nini al mio libro e al mio duetto con Cesare de Michelis è quindi un importante contributo che desidero pubblicare, che invito a leggere. Giudicatelo voi.
L’ENTUSIASTA E IL VECCHIO SIGNORE
La settimana scorsa, a Ca’ Annelise, Michele Vianello e Cesare De Michelis hanno presentato il libro Ve.2.0., Marsilio 2010. http://www.marsilioeditori.it/component/marsilio/libro/3179952-ve-20
Noi, che abbiamo l’onore di aver contribuito ad alcune buone pratiche del Comune di Venezia (Venice Connected) e di aver indagato le abitudini d’suo delle cosiddette ICT Information Communication Technologies, presso i cittadini e gli addetti Comunali, conosciamo il pensiero di Michele Vianello, l’autore. Anche per averlo letto, in anteprima, in un e-book diffuso nel 2009 ovviamente in rete, dove tra gli altri ha raccolto alcuni nostri post.
Molto interessante è stato, quindi, il sentire questo pensiero confrontarsi con quello dell’Editore del libro materiale: il professor De Michelis che ha svolto superbamente il ruolo di contraddittorio.
A dirla semplicemente, da un lato c’era l’assoluto entusiasmo dell’autore per le ICT, con un indice di argomentazioni che riverbera nel volume: la rivoluzione in corso, i diritti alla cittadinanza digitale, il digital divide, la gratuità dell’accesso alla banda larga, i nuovi territori virtuali della condivisione e della politica, il rinnovamento della burocrazia, il cambio di mentalità nel rapporto pubblica amministrazione-cittadino, le potenzialità per il turismo, il nomadic work e il co-working. Un entusiasmo espresso in un ‘flusso di pensiero’, scritto come una ininterrotta annotazione, sempre convinta, e in cui le domande retoriche non sono mai veri e propri dubbi dell’autore. In ogni caso l’autore li travolge, appunto con l’entusiasmo.
Dall’altro lato c’è stato un grande argine, di dubbi tutt’altro che retorici anche se egualmente diffusi e probabilmente condivisi: una ‘palificata’ di obiezioni, argomentate all’indice del ‘vecchio signore della comunicazione’, come a De Michelis è piaciuto definirsi.
E’ davvero equo e solidale che la posa della banda larga e la sua proprietà siano un costo pubblico? Non ci sono altre priorità nei diritti a cui garantire accesso con il denaro ‘di tutti’?
Siamo sicuri che la democrazia della rete non sia troppo intrisa di marketing e non finisca per illudere che, potendo tutti parlare, il rumore di fondo copra le decisioni prese altrove?
E che le magnifiche e progressive sorti di questa innovazione tecnologica (come quelle della rivoluzione industriale) non portino con sé troppi rischi, troppi costi, e nuovi emarginati?
Se è legittimo essere entusiasti è doveroso confrontarsi sui rischi. Se è giusto prevedere i rischi sarebbe rischioso ignorare le potenzialità. Soprattutto, spiega l’autore, lasciare che se ne giovino solo il mercato, solo una parte di cittadini, solo i servizi privati.
Naturalmente ciascuno di noi propende per un lato, senza essere un entusiasta o un vecchio signore. Nel mio caso, tendo a mescolare i due punti di vista, ora forzandone uno ora l’altro (forse sono una vecchia signora entusiasta).
Non ho dubbi che le ICT debbano entrare nella rivoluzione del pubblico impiego, perché il mezzo cambia il messaggio ed è ora (da tempo) che la PA e il cittadino dialoghino dicendosi nuove cose: relegando la burocrazia al minimo e allargando lo spazio della partecipazione, dei servizi interagenti, delle informazioni non solo statistiche, dei progetti locali. Non ho dubbi che il parlare, tutti, anche in uno spazio virtuale o con tecnologie sofisticate, e ancor più l’ascoltarsi reciprocamente (il comunicare) sia una pratica benefica per la democrazia e per le persone.
Non ho dubbi che le ICT consentano nuove espressioni altamente creative persino dei burocrati e dei contabili ed esperienze come quella del viaggio e della fruizione culturale, profondamente arricchite ed inedite. Non ho dubbi che le imprese, non solo in termini di clienti, pubblicità e logistica, possano innovarsi e rafforzarsi con supporti ICT: interni e verso il mondo. Non so chi deva pagare cosa, ma non ho dubbi che ci si debba pensare e confrontare. Non so chi e in quanto tempo agirà in queste direzioni, ma bisogna deciderlo. Queste suggestioni, tra le altre di cui scrive Vianello, fanno del suo libro un onesto e coraggioso stimolo a riflettere e ad elaborare oltre.
Onesto perché ‘le dice come le pensa’ senza impalcature retoriche, teoriche, accademiche; le racconta come le ha vissute, provando a farle, concretamente. Coraggioso perché si espone, dicendole come le pensa, alla critica che si riserva sempre (con qualche meditata ragione) ai troppo entusiasti.
In questo senso, dopo aver apprezzato molto, le meditate ragioni esposte da De Michelis, avrei trovato appropriata una Postfazione dell’Editore al libro: non so se si usi e se sia politicamente corretto. Sicuramente avrebbe completato e messo in valore il pensiero dell’autore, per contrasto.
Sarebbe stato possibile, forse, utilizzare alcuni post di reazione alla stesura provvisoria dell’e-book in cui sicuramente qualcuno ha provato a riflettere ed elaborare oltre, in una dialettica critica.
Perché non usare la rete, davvero, sempre e fino in fondo?