È stata pubblicata dal quotidiano la Repubblica una intervista al Ministro Buongiorno.
Quelle che seguono sono alcune considerazioni sui propositi espressi dal Ministro sui processi di digitalizzazione nella Pubblica Amministrazione.
Nell’intervista mi hanno colpito, particolarmente, questi due passaggi.
“Perché sostiene che le numerose riforme del passato hanno fallito?
“Ci sono pubbliche amministrazioni all’avanguardia, altre arrancano, altre ancora si trovano in una situazione quasi preistorica: le riforme si sono rivelate inutili perché hanno somministrato la stessa medicina, non troppo efficace, a pazienti che avevano malattie diverse”.
Ma quando ci sarà un vero cambiamento?
“Con la trasformazione digitale effettiva ci sarà la rivoluzione della PA. Ma fino a oggi sulla digitalizzazione sono stati fatti errori grossolani. È stata annunciata come imminente una trasformazione che in verità richiedeva anni; si è immaginato un utente esperto di informatica, o comunque giovane, umiliando così quanti – per età o attitudine – fanno fatica a destreggiarsi con il computer. Invece bisogna coinvolgere tutti: chi non ha dimestichezza con l’informatica, per ragioni anagrafiche o personali, non può essere lasciato indietro”.”
Non si può che convenire con alcune affermazioni del Ministro Buongiorno, ovviamente al netto di comprensibili distinguo verso la “gestione ministeriale precedente”.
Ciò che non può essere negato però é che oggi siamo, tutti noi, in possesso di un quadro normativo (leggi CAD e FOIA) assolutamente condivisibile e positivo.
Altrettanto non si può negare che, pur tra mille difficoltà, alcune piattaforme abilitanti come SPID, PAGO PA, ANPR, si stanno diffondendo nell’uso anche tra i cittadini.
Il limite più rilevante delle “gestioni precedenti” é invece un altro.
L’opera di innovazione nella Pubblica Amministrazione che é -l’innovazione-, prima di tutto culturale e organizzativa e poi digitale, é ostacolata dalla profonda differenza tra i soggetti ai quali é rivolta, dalle profonde incrostazioni legislative alla quale é soggetta.
Tale necessaria attività di innovazione, una volta affermato un quadro normativo coerente (ma questo oggi esiste), non potrà mai affermarsi attraverso atti centralistici e, in alcuni casi, impositivi.
Il limite della “gestione Madia” -soprattutto per quanto attiene l’attività del Team per la trasformazione digitale- é l’eccesso di centralismo nelle scelte e, mi si permetta, una certa “sufficienza” verso i dipendenti della Pubblica Amministrazione.
Quando il Ministro Buongiorno afferma “bisogna coinvolgere tutti: chi non ha dimestichezza con l’informatica, per ragioni anagrafiche o personali, non può essere lasciato indietro”, ha perfettamente ragione.
Tuttavia lo stesso Ministro non potrà mai dimenticare che i tempi dell’innovazione della Pubblica Amministrazione li detterà sempre di più “la domanda”, ovvero il cittadino.
Naturalmente la qualità dell’innovazione non sarà misurata sulla “quantità di digitale” (semplice veicolo) nella Pubblica Amministrazione, ma dalla possibilità per il cittadino di esercitare i diritti già oggi sanciti dalla Legge (CAD/FOIA).
Va allora trovato il giusto equilibrio tra la domanda e l’offerta di innovazione (intensa nel senso più ampio di organizzativa, culturale, digitale), soprattutto attraverso una attività, tutta da organizzare, di “pedagogia dell’innovazione”, che non potrà essere svolta che sul territorio, nei piccoli comuni, come negli uffici postali, presso le sedi dell’INPS ecc..
Solo così, ritengo, nessuno che non voglia, verrà lasciato indietro, sia esso un cittadino o un anziano pubblico dipendente.
Una unica raccomandazione Signor Ministro, nessun proroga, nessun passo indietro, pena l’immobilismo per qualche altro decennio.
Buon lavoro!!!