Le smart city non sono uno slogan, e neppure una fantascientifica intuizione di qualche “espertone” per ricercare miglioramenti impossibili attraverso concetti non fruibili alla popolazione comune. Tutt’altro, semmai: le città intelligenti, o smart city, devono servire come innovazione consapevole di un sistema che parte dai cittadini, non dalla tecnologia. E’ il processo, quindi, che deve essere invertito.
Di questo e molto altro parla ”Smart Cities – Gestire la complessità urbana nell’era di Internet“, scritto daMichele Vianello ed edito da Maggioli Editore: obiettivo finale fornire una road-map non tanto sul come costruire una smart city ma sul come concepirla. Da li, a cascata, arriverà il resto.
“Si, di smart city effettivamente si parla anche troppo, e spesso in modo sbagliato – dice proprio l’autore, Michele Vianello, insistendo su un tasto dolente -, nel senso che smart city è un termine molto usato ma troppo spesso legato alla sostenibilità ambientale e alla tecnologia. In realtà smart city e’ un’idea di citta’ dove le persone usano consapevolmente tecnologie, soprattutto quelle che provengono dall’information technology, per cambiare in meglio tante cose“.
Il cambiamento, quindi, riguarda pubblica amministrazione e cittadini insieme, in una sorta di percorso parallelo che il concetto di smart city vuole condividere per “cambiare in meglio i modi di gestire la governance, i sistemi istituzionali, l’ambiente, il traffico. I problemi sono quelli storici, la differenza profonda è che abbiamo a disposizione innovazione di sistemi di comunicazione. E’ un cambio di paradigma ma in Italia non se ne discute in questo modo: per questo, nel libro, ho tentato di creare un metodo“.
Metodo, cioè traccia. Per tutti i possibili fruitori che poi dovranno, ovviamente, prima pensare e poi costruire la smart city. “Dare ad un pubblico di amministratori, stakeholder, imprenditori e cittadini un po’ di metodo nell’approccio: non subite l’innovazione ma prendetene in mano la straordinaria forza e volgetela a favore dei cittadini in modo assolutamente consapevole”.
Smart city in senso lato, quindi, che poi si esemplifica all’interno di concetti di pura attualita’ come l’agenda digitale italiana e tutto quello che il Governo, con colpevole ritardo, dovrebbe cercare di avviare in termini di miglior sfruttamento della tecnologia.
“Premesso che la smart city non è un approdo, ma un percorso costante di innovazione, nel libro indico unaserie di esempi, cose, prodotti e innovazioni da poter utilizzare per poter costruire il proprio ente locale – continua Vianello -, quello che non voglio e non faccio è digitalizzare l’esistente (anomalia sistemica della PA italiana, ndr), cioè prendere le cose come esistono, metterci dentro un po’ di salsa IT e pensare che così il mondo cambi. Nel provvedimento legislativo agenda digitale, per i miei gusti, c’è purtroppo troppa digitalizzazione dell’esistente”.
Siamo quindi al paradosso sistemico italiano, la cui esemplificazione è la famigerata carta di identità elettronica. “Prendere un pezzo di carta, metterla su un supporto di plastica e dire che si è fatta digitalizzazione: questo è proprio un processo di digitalizzazione dell’esistente, approccio sbagliato così come quello di convertire in pdf l’attuale libro di testo e costringere a scaricarlo”.
La soluzione non sarebbe nemmeno troppo complessa: è già in rete, basta servirsene. Vianello ci illumina con le piattaforme wiki e la loro importanza. “Wikipedia e Wikinomix ci consentono di cambiare l’approccio e le metodologie allo studio: o si coglie l’innovazione per cambiare la metodologia esistente profondamente, oppure abbiamo fatto semplice digitalizzazione dell’esistente e non cogliamo le potenzialità dell’innovazione per generare valore e migliorare l’ambiente. Io provo, nel libro, ad indicare metodi di cambiamento radicale e partecipativo da parte dei cittadini“. Partendo dalla smart city, quindi, come cittadini intelligenti che si ritrovano in città.