Ho letto due interessanti articoli.
Uno è stato pubblicato dal Sole 24 Ore “Lo smartphone si mette al polso, fa da segretaria ed evita le intercettazioni: gli 8 trend per il 2014”.
L’altro è stato pubblicato dal Corriere della Sera “Se i telefonini scomparissero all’improvviso”.
Il secondo articolo, pur divertente, ci propone alcuni scenari assolutamente impensabili. L’idea che un sms possa essere sostituito con un telegramma, o che si ritorni ai segnali di fumo o al piccione viaggiatore, solo scenari che ci fanno solo sorridere.
La verità è che l’estensione delle funzioni proprie di ogni smartphone ci hanno cambiato davvero la vita, poiché hanno cambiato l’idea del tempo e dello spazio urbano.
Un sms, una chat non sono riproducibili in altra forma che in quella che ci consente uno smartphone.
Gli smartphone stanno davvero cambiando -e continueranno a cambiare- il nostro modo di produrre il sapere, le relazioni umane, il nostro modo di vivere nelle città.
Naturalmente hanno cambiato anche l’economia, pensate solo al destino della Nokia e a quello della Apple.
Gli smartphone costeranno sempre meno, ognuno di noi avrà a disposizione piattaforme di comunicazione sempre di più sofisticate.
Gli smartphone ci aiuteranno a programmare sempre di più l’organizzazione delle nostre esperienze.
Già oggi alcune app consentono una maggiore interazione dei nostri sensi con la realtà che ci circonda e con alcuni mondi virtuali che solo noi potremo costruire (la realtà aumentata).
Il sogno visionario di William Mitchell di un uomo cyborg che gode, grazie ad Internet, di una estensione dei propri sensi, si sta avverando.
Ma, proprio questa ricchezza a disposizione deve evitarci di cadere nel determinismo tecnologico.
Non è lo smartphone il soggetto, “l’io narrante”, noi esseri umani consapevoli dobbiamo essere il soggetto della rivoluzione.
Chi deve cambiare l’organizzazione urbana è il moderno smart citizen.
D’altronde chi mi segue sa che questa riflessione accompagna tutta la mia attività sulle smart cities quando invito a non stupirci di fronte al lampione con il wifi, o quando sostengo che non bisogna “digitalizzare l’esistente”.
In un giorno non molto lontano -era “solo” il 2007- Steve Jobs presentò il primo IPhone e parlò di una rivoluzione. Ovviamente aveva ragione. Vi lascio allora al filmato di quella presentazione. Guardatelo e rifletteteci, ha ancora molto da insegnarci nonostante siano passati “solo” 7 anni..